Testimonianze e idee

Raccogliamo di seguito alcune testimonianze e partecipazioni al progetto

Andrea Zanni

##Internet siamo noi.
La rete è un’enorme scatola magica, che si riempie di quello che vogliamo metterci.
La rete siamo noi, con i nostri desideri e le nostre paure. La rete è un mondo dentro il nostro mondo, un mondo solo fatto di bit invece che di atomi, ma per il resto identico a quello che conosciamo da sempre.
La rete è fatta di uomini e donne e questo non cambierà mai. Se conosciamo gli uomini e il mondo, conosceremo la rete.

##Internet è un moltiplicatore.
La rete è un’enorme scatola magica, che si riempie di quello che vogliamo metterci.
Non solo: la rete moltiplica le cose. Ci metti dentro qualcosa, e te lo restituisce cento, mille volte più grande, bello e pericoloso.

Ci metti dentro la voglia di socializzare dei ragazzi, la voglia di vedersi, conoscere, spettegolare, incazzarsi, e ti crea Facebook e Instagram.
Ci metti la voglia di parlare, e ti crea Whattsapp.
Ci metti dentro la voglia di conoscere, e ti crea Google e Wikipedia.
Ci metti dentro la creatività umana, e ti crea Youtube.
Ci metti dentro il sesso, e ti crea Tinder e Youporn.
Ci metti dentro l’avidità e la sete di potere, e ti crea meccanismi per influenzare le masse, guadagnare più soldi, fare truffe che raggiungano milioni di persone.
Ci metti dentro l’umanità, e te la restiuisce com’è, mille volte più vera, meravigliosa, pericolosa.

##Internet si può costruire.
La rete è un’enorme scatola magica, che si riempie di quello che vogliamo metterci.
La rete si può costruire, è fatta per essere costruita.
E’ stata pensata per essere aperta e per crescere sempre, per innovare costantemente. Rinchiuderci in luoghi digitali proprietà di pochissime persone è il contrario della rete, è una stortura che dovremo imparare a correggere.
La rete non è di Zuckerberg, anche se il 90% delle persone usa solo Whattsapp, Instagram e Facebook, e pensa che quella sia la rete.
La rete è enorme, senza limiti, senza confini. Ci sono praterie che non abbiamo ancora iniziato ad esplorare, oceani che ci sono completamente sconosciuti.
Quello spazio è nostro e ce lo possiamo prendere.

##Cura i beni comuni digitali.
La rete è un’enorme scatola magica, che si riempie di quello che vogliamo metterci.
Gli spazi comuni nella rete sono quelli che ci vengono meglio.
La rete è un luogo di luoghi aperti, che possono essere gestiti da comunità che voglio usarli.
I beni comuni digitali sono quei luoghi della rete costruiti da comunità di persone, che li gestiscono in maniera auto-organizzata, secondo regole che loro stessi hanno deciso, insieme.
Come tutte le comunità – come tutte le relazioni – l’equilibro è dinamico, e lo sforzo di cura deve essere quotidiano.
Per questo Wikipedia non è semplicemente un sito di informazioni: è uno spazio partecipato definito dalla propria comunità, che lo amplia e costruisce e mantiene, in un complesso sistema di regole e intrecci fra persone e organizzazioni.

##It’s up to you, dipende da te.
La rete è un’enorme scatola magica, che si riempie di quello che vogliamo metterci.
Fondamentalmente, quello che la Rete è dipende da quello che tu vuoi farci, da quello che ci vuoi mettere dentro: da quello che vuoi costruire e che vuoi far crescere.
Per quanto alcune persone avranno sempre più potere di altre (sulla Rete come nel mondo di tutti i giorni), sta ad ognuno di noi curare il proprio pezzo di Rete, il luogo digitale che abitiamo e frequentiamo tutti i giorni.
Preoccupati di curarlo da oggi stesso.

 

Fabio Chiusi

Commemorare Aaron Swartz oggi significa ricordare l’attualità e l’urgenza delle sue battaglie: il libero accesso al sapere, l’idea della rete come moltiplicatore di opportunità di conoscenza e confronto razionale, la spinta — realista, senza utopia — a immaginare Internet come motore di una rivoluzione cognitiva e politica verso un progresso che tuttavia non si realizza da sé, ma attraverso la lotta, l’attivismo: con la creatività e la voglia di rimettersi sempre in discussione. Oggi è semplice scagliarsi contro l’assolutismo degli idealisti web che avevano promesso uguaglianza e partecipazione, per chiunque fosse armato di una semplice connessione. Molto più difficile, ma fruttuoso, è invece capire come sottrarre termini cruciali per la democrazia come “condivisione”, “apertura”, “partecipazione”, “empowerment” al dominio di colossi privati che ne hanno snaturato il significato, mischiando filantropia e marketing, e trasformando un sogno egalitario in una distopia in cui ogni diritto è in vendita, in modo opaco e senza scampo. Aaron cercava di evitare che istituzioni incapaci di comprendere il presente riuscissero ad annientare il futuro costringendolo nelle maglie del passato — come per il diritto d’autore o la tentazione, folle ma mai come ora attuale, di normare il vero e il falso. Per riuscirci, diceva, c’è bisogno di “pensare più in grande”: non solo possiamo, ma dobbiamo farlo, se vogliamo una cultura più libera perché connessa, e se vogliamo che più liberi siano gli uomini connessi che ne fruiscono. È di questa grandiosa, umanissima ambizione di maggiore libertà che Aaron è testimonianza indimenticabile. Il faro che illumina la strada dei coraggiosi e incoscienti che ancora provano a realizzarla per tutti, anche i tanti, troppi che ne dimenticano l’importanza.

 

Gino Roncaglia

La rete è stata concepita come strumento pubblico di condivisione delle conoscenze, ma il suo sviluppo sembra troppo spesso andare verso la privatizzazione del sapere e la creazione di oligopoli o monopoli informativi. Aaron Swartz ha condiviso e difeso le idee e gli obiettivi che sono stati alla base del lavoro di tanti pionieri del digitale e delle reti: allargare gli spazi di condivisione dei contenuti, per migliorare le nostre capacità di conoscere e fare ricerca. Ricordarlo vuol dire riaffermare l’impegno per costruire una rete che sia davvero patrimonio comune e strumento di crescita collettiva.